Fonte: Alfio Cissello – www.eutekne.info
La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 22 di ieri, 2 gennaio 2025, ha sancito senza mezzi termini che la mancata presentazione, ad opera della società consolidante, del modello CNM non inibisce il riporto a nuovo delle perdite di impresa. Nessuna norma, infatti, autorizza una soluzione di diverso tenore, che contrasterebbe con i principi di buona fede e di leale collaborazione tra le parti, di cui all’art. 10 della L. 212/2000. La tassazione consolidata di cui agli artt. 117 ss. del TUIR comporta la determinazione di un reddito complessivo globale, imputabile alla consolidante, e il sorgere di un unico debito tributario, che deve essere dichiarato da quest’ultima. Trattasi di una modalità di tassazione che presuppone l’assolvimento di determinati obblighi previsti dalla legge, tra i quali spicca la necessità di esercitare un’apposita opzione. La prassi, tradizionalmente, è sempre stata di diverso avviso. Vedasi la ris. Agenzia Entrate 12 luglio 2007 n. 168, ove si sostiene che “la mancata presentazione del Mod. CNM (in cui la complessiva perdita del gruppo avrebbe dovuto essere riportata), preclude il rinvio della perdita risultante dalle operazioni di consolidamento a successivi periodi d’imposta”. Viene richiamato l’art. 9 comma 2 del decreto ministeriale del 9 giugno 2004: “Le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi di cui al comma 1 possono essere computate in diminuzione del reddito complessivo globale dei periodi d’imposta successivi, secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 84”. Uguale disposizione è contenuta nel decreto ministeriale del 1° marzo 2018. La Corte di Cassazione si dimostra di avviso opposto, sostenendo che nessuna norma del TUIR né dei decreti attuativi induce a sostenere che dall’omessa dichiarazione della consolidante scaturisca l’impossibilità di riportare a nuovo le perdite. Le uniche conseguenze previste dalla legge in ambito sostanziale sono di tipo sanzionatorio, disciplinate dall’art. 1 del DLgs. 471/1997.
Viene a sostegno di ciò richiamata la presa di posizione delle Sezioni Unite (pronuncia n. 17757/2016), in cui, sia pure in tema di IV A, era stato affermato come dall’omessa dichiarazione non discenda la perdita del credito di imposta annuale. Nella specie, l’opzione per il consolidato era stata correttamente esercitata da tutte le società del gruppo quindi l’Agenzia delle Entrate, nonostante l’omissione dichiarativa, è stata messa nella condizione di poter esercitare i propri poteri di controllo.
La mancata dichiarazione ha so lo conseguenze sanzionatorie
Ad ogni modo, nel momento in cui, in sede di contraddittorio successivo all’avviso bonario, il contribuente dimostra l’esistenza delle perdite e la loro riportabilità, l’omesso CNM può dare sicuramente luogo alle conseguenze negative di legge (accertamento induttivo, maggiori termini di accertamento, sanzioni amministrative) ma mai può comportare l’impossibilità di riportare a nuovo le perdite. Le conclusioni a cui pervenuta la Cassazione devono a nostro avviso valere quand’anche l’omessa dichiarazione provenga da un qualsiasi soggetto IRPEF o IRES, non potendosi ritenere circoscritte al peculiare caso del consolidato fiscale.