Fonte: A cura Antonio NICOTRA
Il Tribunale di Mantova 4 dicembre 2024 è ritornato sul tema dei presupposti necessari per l’accoglimento dell’istanza di concessione/conferma delle misure protettive, costituiti, quanto al fumus boni iuris , dalla ragionevole probabilità di perseguire il risanamento
tramite l’avvio di trattative con il ceto creditorio (artt. 12 commi 1 e 2, 17 comma 5 e 19 comma 4 del DLgs. 14/2019, CCII), con particolare riguardo ai presupposti soggettivi e oggettivi di applicazione della disciplina, e, quanto al periculum in m ora , dal pregiudizio che l’instaurazione o la prosecuzione di un’azione esecutiva e/o cautelare possa compromettere siffatta finalità, con il limite (desunto dall’art. 19 comma 6 del CCII e art. 6 comma 4 della direttiva Ue n. 1023/2019) rappresentato dal fatto che le misure devono essere concretamente finalizzate ad assicurare le trattative e proporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori (ex multis , Trib. Milano 17 gennaio 2022).
Compete al giudice in questa fase operare un bilanciamento, ex ante e in concreto, tra l’interesse del debitore alla soluzione negoziale e quello dei creditori a non subire pregiudizio dall’applicazione delle misure. In tale ottica, le misure possono confermarsi solo laddove risultino idonee a salvaguardare trattative effettivamente in corso nei casi in cui il risanamento non appaia prima facie manifestamente improbabile.
Già il Tribunale di Mantova 20 dicembre 2022, in relazione alla condizione oggettiva che consente all’imprenditore di avvalersi della composizione negoziata, aveva precisato che la stessa poteva ritenersi coincidente non solo con uno stato di crisi ma anche di
insolvenza – prospettica o già concretizzatasi, purché sempre reversibile – tale da rendere perseguibile, secondo un criterio di ragionevolezza, il risanamento, atteso che la finalità perseguita dal legislatore (in attuazione della direttiva Ue n. 1023/2019) è stata quella di
approntare uno strumento normativo volto a favorire il recupero dell’efficienza aziendale e imprenditoriale ed evitare, in conseguenza dell’esercizio di azioni esecutive e/o cautelari da parte dei singoli creditori, il depauperamento del patrimonio e la dispersione dei valori
(in particolare, ma non esclusivamente, dei c.d. assets intan gib les ) con danno per l’intero tessuto economico e ciò allo scopo di tutelare le stesse pretese creditorie in alternativa alle procedure di liquidazione concorsuali o singolari.
Nel caso di specie, l’esperto evidenziava come la proposta non si basava tanto sulla continuità aziendale quanto sulla messa a disposizione dei beni personali che, da soli, fornivano risorse per oltre il 90% dei pagamenti proposti. Si trattava di un esercizio provvisorio liquidativo (che non comporta una automatica cessazione di attività) con una vendita atomistica anche dei beni personali, in modo da perseguire una soddisfazione migliore dell’alternativa liquidatoria e in sostanza a perseguire un risanamento “oggettivo”. Al riguardo, il Tribunale aderisce all’orientamento per il quale la composizione negoziata (CNC) risulta astrattamente compatibile con un piano di natura sostanzialmente
liquidatoria ovvero con lo status di liquidazione (Trib. Perugia 15 luglio 2024 n. 299) e che fa leva sul tenore dell’art. 12 comma 2 del CCII (ove la continuità indiretta è solo uno dei modi per conseguire il risanamento della impresa), sulle modalità di calcolo del test pratico di cui al DM 21 marzo 2023 (che tiene conto dei proventi della cessione dei cespiti di impresa) e sulla previsione di una CNC in caso di impresa insolvente (art. 25-quin quies del CCII), riconfermata nei chiarimenti della lista di controllo del DM. L’idoneità della composizione può desumersi in primis dalla disponibilità di una parte dei creditori che sia quantomeno rappresentativa del complessivo ceto creditorio, nonché dal parere positivo dell’esperto e dall’assenza di iniziative esecutive o liquidatorie in corso e dalla chiarezza della strategia di risanamento, oltre che dalla ragionevolezza e solidità di quanto previsto nel progetto di piano di risanamento, in modo da rassicurare sulla
circostanza che la continuità non stia distruggendo risorse e pregiudicando i creditori (Trib. Palermo 2 marzo 2023).
Il complesso degli elementi evidenziati, con valutazione prima facie propria della presente fase cautelare, ha consentito al Tribunale di ritenere verosimile e quantomeno “più probabile che non” la possibilità di perseguire trattative con il ceto creditorio per il “risanamento aziendale”, (inteso nel senso chiarito sopra), e sussistente il fumus boni iuris richiesto ex lege per la concessione delle misure protettive, anche in relazione ai richiamati indici sui quali fondare una prognosi positiva del risanamento. Sotto il profilo del periculum in m ora , la conferma delle richieste misure protettive “generali”, ovvero corrispondenti alla previsione normativa, consentirebbe di intrattenere e auspicabilmente concludere positivamente le trattative con i creditori, con particolare riferimento al ceto bancario.